Call. I limiti dello sviluppo italiano.

Call

I limiti dello sviluppo italiano

Limite ultimo per la consegna: 31 maggio 2022.

 

In occasione del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del celebre rapporto del MIT al il Club di Roma (1972) The Limits to Growth “Culture della sostenibilità” propone la seguente call.

Il titolo riprende la traduzione (inesatta) italiana del rapporto che nel titolo originale era I limiti alla crescita (The limits to growth) perché consente una doppia lettura:

–     i paletti futuri a una ulteriore crescita posti dalla finitezza delle risorse e del territorio italiano (in un pianeta a sua volta finito), ma anche

–     i limiti e le distorsioni dello sviluppo italiano così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi decenni letti alla luce della sociologia dell’ambiente.

I contributori potranno scegliere tra un approccio per così dire “diagnostico”, ovvero:

1. Da un punto di vista metodologico: discussione sui fattori da prendere in considerazione al fine da avere un quadro del paese dal punto di vista ambientale e delle possibilità di cambiamento.

2. Dal punto di vista dei riferimenti teorici, può essere utile riflettere se o come i temi del limite e della sostenibilità sono entrati in Italia e quali fortuna (o sfortuna) hanno avuto e sul dibattito a proposito di transizione ecologica, progresso e modernità.

3. Da un punto di vista storico, non si può prescindere da quanto è accaduto in Italia dai primi anni ’70 ad oggi in termini di uso del territorio, inquinamento, politiche economiche, politiche ambientali, politiche sociali, etc. ovvero da uno “Stato dell’ambiente Italia” alla luce dei dati disponibili, da come questo ambiente si è andato formando nel corso degli ultimi decenni per l’intreccio tra processi di globalizzazione, politiche nazionali, politiche locali, dinamiche del sistema economico e della società civile e – last but not least – da come vi hanno influito lobby, think tank, media main stream, fondazioni private, ecc..

Un secondo possibile filone di contributi è costituito da un approccio da un punto di vista per così dire di prognosi e terapie, ovvero delle conferme alla impossibilità di ulteriore crescita economica, salvo perpetuare la crisi ecologica fino ai limiti di irreversibilità e di collasso.

I contributi di questo tipo riserveranno una particolare attenzione al caso italiano, ma non si potrà non tenere conto che le dinamiche dipendono in misura significativa da variabili non controllabili localmente (ad es. le migrazioni ambientali sono provocate da situazioni esterne al territorio italiano; il riscaldamento globale è causato da emissioni cui l’Italia contribuisce, ma che dipendono da scelte planetarie; la pandemia è una crisi globale; il PNRR è soggetto ad approvazione europea; la o le crisi finanziarie ed economiche in corso o venture – non è dato di sapere come e quando – impongono e imporranno scelte che lasciano spazi ridotti di manovra al potere politico nazionale; le politiche europee come Next Generation UE sollecitano misure di là della sincera condivisione di esse da parte dei governanti, etc.) e che l’Italia scambia materiale e energia con il resto del mondo, espandendo la propria impronta ecologica fuori dai propri confini, contraendo “debito ecologico” verso il pianeta e verso i paesi da cui preleva risorse, esportando rifiuti, etc.

Le criticità e le opportunità, ovvero i temi, su cui concentrare in questo caso i contributi, riprendendo e sviluppando temi trattati nella prima parte “diagnostica” in termini di prognosi e terapie, potrebbero essere, in prima approssimazione:

1. I limiti al consumo di territorio, anche in considerazione dell’ipersfruttamento nel caso italiano per edificazione e infrastrutture, del rischio idrogeologico, del rischio sismico, etc..

2. I limiti del modello energetico (dipendenza da fonti fossili, impatto di oleodotti, gasdotti, rigassificatori, impatto sull’ambiente marino da parte del traffico di petroliere, problematiche dell’eventuale ritorno al nucleare, problematiche di altre fonti come l’idroelettrico, l’eolico, il solare, il geotermico).

3. L’impatto dei processi di industrializzazione/deindustrializzazione (effetti negativi della deindustrializzazione/delocalizzazione in termini di cambiamento di destinazione d’uso dei brownfields e di processi di deterritorializzazione-riterritorializzazione; caratteristiche dell’industrializzazione, in senso proprio o lato: settore delle costruzioni, turismo, entertainment, sanità,…) e la precarizzazione del lavoro.

4. Gli scenari su scala regionale mediterranea/nazionale italiana del riscaldamento globale (per gli ecosistemi, per le comunità umane).

5. Il rapporto tra limite e i mutamenti nella composizione etnica della popolazione, nella composizione sociale dei centri urbani, nella piramide di età.

6. La perdita di biodiversità, la distruzione di risorse, il deterioramento ambientale, le politiche di protezione della natura.

7. I conflitti, i movimenti e le reti sociali come limite critico-sociale alla crescita e come costruttori di alternative, nelle pratiche e nella elaborazione teorica, ma anche i temi della legalità e della sicurezza.

8. I limiti alla crescita dei consumi e della produzione dei rifiuti (necessità di “dematerializzare l’economia”, problema delle discariche e degli inceneritori).

9. La cultura, la scienza, la comunicazione come limite o come strumento per la partecipazione, l’empowerment, la coscientizzazione.

10. L’acuirsi delle disuguaglianze sociali, del divario nord-sud, dell’abbandono delle aree interne.

 

Percorsi trasversali

 

Tra questi temi vi sono naturalmente molte connessioni trasversali. Ad esempio, e semplificando molto la gamma delle connessioni possibili, che è notevolmente più ampia, i parchi devono difendersi dall’assalto al territorio (Tema 1), superare le resistenze e i conflitti di chi vede nei parchi un impedimento alla crescita economica (Tema 7), affrontare le trasformazioni dell’ecosistema provocate dal cambiamento climatico (Tema 4) e quindi incontrare maggiori difficoltà nell’assolvere alla funzione di protezione della natura (Tema 6).

Così tra uso del territorio (Tema 1, fortemente collegato al Tema 6), modello produttivo italiano (Tema 3), questione dei rifiuti (Tema 8), questione energetica (Tema 2), conflitti (Tema 7), “educazione” (Tema 9) o tra uso del territorio e insediamenti, mobilità, composizione della popolazione (Tema 3 e Tema 5) ma anche capitale sociale e relazionalità (Tema 7).

Così, evidentemente, per il Tema 2 del modello energetico (che si connette al Tema 7, al Tema 1, al Tema 9). L’energia vede una competizione anche con l’uso di territorio per la produzione di cibo, vuoi per l’occupazione di spazio da parte di impianti di produzione energetica vuoi per la diffusione di coltivazioni destinate alla produzione di carburanti di origine vegetale e la questione del cibo diventa a sua volta centrale per la costruzione di reti di consumo responsabile e a “filiera corta”, per il sostegno a una nuova ruralità, per la riduzione degli inquinanti e delle emissioni (Tema 4 e Tema 6).

Ancora a titolo di esempio, un aspetto possibile del Tema 7 (la legalità e la sicurezza) si intreccia con il Tema 6 (il degrado ambientale è spesso causato dalle ecomafie) e con il Tema 1 (il consumo di territorio è un tipico campo di interessi oscuri, corruzione, collusioni criminali, etc.) ed è a sua volta un effetto del degrado ambientale e del consumo di territorio, perché vi è un nesso tra aspetti ambientali, politiche di coesione, lotta al disagio, alla povertà, alla marginalità sociale. Vi è un legame, oltre che tra ineguaglianze e disparità tra quartieri, tra ambiente urbano e sicurezza.